Sono in molti ad essere ancora ignari delle modifiche alla Legge 108/96 (c.d. Legge antiusura) introdotte con il D.L. n.70 del 13 maggio 2011 (Decreto Sviluppo), che contiene una norma che ha modificato al rialzo le soglie antiusura così come erano state determinate dalla precedente legge.
Nel particolare, la norma inserita dal Governo tra le altre disposizioni di cui all’art.8 - Impresa e Credito, è la seguente:
“d) all'articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, le parole: "aumentato della metà." Sono sostituite dalle seguenti: "aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali.”
Entrando ora nel merito degli effetti delle modifiche introdotte dal legislatore occorre evidenziare che, per effetto della nuova disciplina, gli istituti di credito potranno aumentare i tassi applicati alla clientela costituita da famiglie ed imprese.
E del tutto legittimamente, scongiurando quindi il rischio di incorrere nella fattispecie del reato di usura.
Per avere contezza degli effetti concreti della nuova norma e chiarire quanto sia peggiorativo e dannoso per gli utenti dei servizi bancari e finanziari il nuovo criterio di calcolo delle soglie, sarà illuminante l’esempio che segue, basato su dati reali.
A tutt'oggi il tasso medio di riferimento di un mutuo a tasso variabile è pari al 2,79% (si vedano le rilevazioni Bankitalia http://www.bancaditalia.it/media/comsta/2011/tegm_240311.pdf ); il che significa che la soglia antiusura, seguendo quello che era il dettato della Legge 108/96 in vigore fino a pochi giorni fa, sarebbe stata fissata al 4,185%.
Con le modifiche ora apportate dal Decreto Sviluppo la soglia sale invece al 7,488%. Evidentemente si tratta di una soglia di gran lunga superiore rispetto al tasso medio del 2,79% rilevato per questa tipologia di finanziamenti.
Quindi la soglia aumenterà di oltre 3,3 punti percentuali e di fatto le banche, con specifico riferimento a questa tipologia di prestiti, potranno ottenere spread (margini di guadagno) fino ad oltre 6 punti percentuali, considerando che l’Euribor 3M, cioè l’indice di riferimento per i mutui a tasso variabile, è a tutt’oggi pari al 1,32%.
E’ pertanto ragionevole sostenere che in queste mutate condizioni aumenterà il margine di profitto, o meglio, di speculazione da parte delle banche.
L'esame degli effetti della nuova norma può essere compiuto da un ulteriore punto di vista, ciò al fine di evidenziare quanto il nuovo meccanismo sarà lesivo degli interessi di famiglie e imprese.
Infatti, nel caso appena esaminato dei mutui a tasso variabile, la maggiorazione percentuale applicabile dagli istituti di credito rispetto al tasso medio rilevato da Bankitalia sarà fino al 168,37%=[(7,488-2,79)/2,79]*100, rispetto al 50% di margine operativo che era stato stabilito in modo più che ragionevole dalla Legge 108/96.
Più in generale, va osservato che il nuovo sistema di calcolo avrà effetti positivi solo per gli istituti di credito e praticamente quasi mai per le famiglie e per le imprese. Se si considera infatti la tabella dei TEG medi in vigore: http://www.bancaditalia.it/media/comsta/2011/tegm_240311.pdf
è semplice desumere che per quasi tutte le tipologie di operazioni di finanziamento la soglia è aumentata.
Tra l’altro, il limite massimo tra tasso soglia e tasso medio di otto punti percentuali ora introdotto dal legislatore suona beffardo per la clientela bancaria, sempre più vessata.
Il meccanismo degli otto punti infatti si innesca solo per tassi superiori al 16%, ed esaminando la tabella dei Teg medi in vigore in questo trimestre (1 aprile-30 giugno 2011) si evince che un tasso medio di quell'entità è stato rilevato solo per il credito revolving, e solo per i finanziamenti al di sotto dei 5.000 euro.
In questo caso la soglia è scesa dal 26,08% al 25,39% … una magra consolazione, che non consente davvero di poter apprezzare lo “sforzo” fatto dal legislatore in termini di tutela degli utenti dei servizi bancari.
Ciò che è peggio, per tutte le altre categorie di operazioni la soglia aumenta, e di valori piuttosto ragguardevoli (si veda il documento allegato).
Inoltre, l’elemento davvero paradossale di questa ennesima triste vicenda, che vede protagonisti proprio coloro che dovrebbero rappresentare e tutelare gli interessi di cittadini ed imprese, è proprio la motivazione addotta dal legislatore (sotto evidente spinta e dettatura dell’ABI), ovvero la possibilità di garantire l'erogazione di prestiti anche a quei soggetti che altrimenti avrebbero visto limitata la loro possibilità di accesso al credito.
In proposito l’ABI, in un comunicato stampa del 5 maggio 2011 (quindi ancor prima della pubblicazione del DL nella Gazzetta Ufficiale …), ha sostenuto che "Il Governo ha eliminato alcune distorsioni che inficiavano il metodo di calcolo del tasso soglia ai fini della lotta all’usura. Tali distorsioni, in una fase di tassi bassi e in rapida ascesa, determinavano tassi soglia tali da escludere dall’erogazione del credito una parte della clientela, paradossalmente esposta così proprio al rischio di usura".
E' un po’ come dire che chi era in difficoltà economica e/o finanziaria sarà ora posto nella condizione di ottenere finanziamenti, anche se ovviamente a tassi più alti, proprio perché è prevista una soglia antiusura più elevata.
Ma lo sfruttamento dello stato di bisogno non era forse una aggravante del reato di usura?
Il paradosso è che ora lo sfruttamento lo si è attuato con una legge ad hoc. C'è quindi più di qualcosa che non torna in questo nuovo meccanismo di determinazione delle soglie.
In conclusione, non vi è chi non veda come questa nuova norma, che mira evidentemente a favorire esclusivamente gli interessi delle banche, sia anche in palese contrasto con l’ipotesi di usura soggettiva (manifesta sproporzione tra il tasso applicato ed il tasso medio praticato nel periodo) comunque ancora disciplinata dalla legge 108/96.
E' altresì palese che questa nuova norma va a penalizzare fortemente coloro che si troveranno nella condizione di chiedere prestiti agli istituti di credito, dal momento che determinerà un sicuro aumento del costo del denaro per le famiglie e le imprese, che costituisce ovviamente un deterrente per chi intende richiedere finanziamenti.
Con ogni probabilità le aziende ricorreranno sempre meno alle varie tipologie di prestiti, in quanto più onerosi; il che, tradotto in parole povere, significa minori investimenti da parte delle imprese. E quindi minor lavoro.
Piuttosto che rilanciarlo questa specifica norma, laddove non dovesse essere modificata, costituirà un evidente freno per lo sviluppo, laddove produrrà anche effetti negativi su un indebitamento già dilagante, stante la forte crisi economica contingente.
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